Il secondo disco del rapper romano è la riconferma del suo status: abbiamo intervistato Gianni Bismark per scoprire qualcosa in più su Nati Diversi
L’imprinting di Roma sulla nuova scena rap italiana è davvero forte. Dalla capitale si sono affermati a livello nazionale artisti provenienti da ogni corrente stilistica: basta pensare a quante siano le differenze tra la Dark Polo Gang, Ketama126, Franco126 e la Love Gang, Carl Brave, Side, Sick Luke, Gianni Bismark e molti altri. Proprio quest’ultimo, Gianni Bismark, è l’autore di una delle uscite più interessanti e coraggiose dell’ultimo periodo. Interessante, perché mostra una maturazione personale e artistica considerevole; coraggiosa, perché ha deciso di pubblicare il disco comunque, nonostante il surreale periodo di quarantena, con tutti i rischi del caso. Nati Diversi – questo il titolo dell’album – si è quindi scontrato col muro dell’isolamento sociale, ma l’ha abbattuto grazie alla forza evocativa della musica, che non teme alcuna barriera. Neanche la quarantena.
“Questa quarantena me la sto vivendo un po’ come tutti”, racconta Gianni, con un’immancabile nota di ironia nella voce. “Cucina, Playstation… cerchiamo sempre di inventarci qualcosa di nuovo”, aggiunge. Il suo disco è uscito il 27 marzo, a quasi tre settimane dall’inizio del lockdown, e il rapper capitolino non ha potuto vivere nessuna delle tradizionali fasi di promozione di un lavoro musicale. “Per fortuna il disco sta andando benissimo, ogni giorno ricevo tantissimi messaggi dai fan, che mi riempiono di affetto. Non avrei potuto chiedere di meglio.” L’entusiasmo è papabile, ma è altrettanto vero che sono venuti meno i giri di interviste – se non virtuali -, i release party, i live di presentazione, le radio, la tv. Gianni Bismark, come tutti noi, è chiuso tra le mura domestiche, nella sua Roma. “Guarda, mi vengono i brividi a vedere Roma vuota. Siamo una città viva, movimentata, e vederla così mi lascia di stucco. Sembra quasi si sia messa a dormire”, dice, quando finiamo a parlare della sua città. C’è una sorta di tremolio nella sua voce, che tradisce l’emozione nel raccontare la Città Eterna in una veste completamente inedita, diversa da quella che è da sempre protagonista delle sue canzoni. “Sono cresciuto con mia nonna, di Roma ho tutto nel sangue, compreso un bagaglio di musica romana “classica”, per certi versi”: c’è infatti tanta tradizione romana nelle sonorità del disco, che vengono declinate però in maniera attuale, risuonando senza tempo, e soprattutto per niente forzate. “Queste canzoni sono sempre state con me, hanno fatto parte di me, anche se magari non me n’ero accorto.”
È passato un solo anno da Re Senza Corona, il suo disco d’esordio ufficiale, eppure sono bastati 365 giorni per dare una svolta importante alla musica di Gianni. “Quest’ultimo anno mi ha influenzato molto”, racconta, “volevo dar vita a qualcosa di diverso, di più accessibile, non un semplice Re Senza Corona parte 2”. Le differenze sono infatti innumerevoli, sia a livello sonoro che lirico, mentre è rimasta immutata la capacità di Gianni di scriver per immagini, di evocare affreschi che sono istantanee di vita, sprazzi e momenti di giornate in cui tutti possono riconoscersi, a tratti. “Il mio modo di scrivere non è affatto cambiato”, rassicura, “ho sperimentato sotto altri punti di vista, come il sound o con la voce, ma scrivo sempre nello stesso modo”. E a quel modo è bastato pochissimo, un paio d’anni appena, per distinguersi come una vera e propria cifra stilistica unica.
Tra i 12 pezzi che compongono la tracklist, Quello Vero è il pezzo che dà l’impressione di essere più vicino al disco precedente. “In realtà non l’ho scritto prima delle altre tracce, è venuto fuori insieme al resto del disco, poco dopo Re Senza Corona”, racconta Gianni. “L’ho messo in Nati Diversi proprio perché lega un po’ i due dischi, è una sorta di anello di congiunzione.” È infatti un brano rap duro e puro, che mostra un Gianni Bismark deciso, al quale nel resto del disco si affianca una versione più melodica, più interessata a esplorare i territori del canto, a uscire dalla sua comfort zone. “Avoja!”, risponde, quando gli chiediamo se ha considerato l’idea di un disco interamente cantato. “Sto già ragionando su cosa fare e come muovermi per il prossimo disco. Posso assicurare che non sarà qualcosa di già sentito.” Non è difficile credergli, a guardare quanto sia riuscito ad evolversi in soli 12 mesi.
L’unica cosa che manca davvero, insomma, è il palco. I concerti, le sensazioni e le emozioni che i live trasmettono e lasciando addosso, sono la benzina migliore, il carburante più efficiente per gli artisti. Anche per Gianni è così: “guarda, sono sicuro che, quando risaliremo sul palco, saremo più emozionati noi artisti che i fan”, aggiunge ridendo. Probabile: viscerale e di cuore, Gianni Bismark non è il tipo che nasconde le sue emozioni. Speriamo di poter tornare ad ascoltarle di persona, sulle note di Nati Diversi, sui palchi di tutt’Italia.