Una chiacchierata con il rapper, autore e produttore, una delle figure più polivalenti della musica italiana
“Io non sono il padre di niente, non ho figli, le idee sono nell’aria – conta solo saperle sviluppare!”: esordisce così Danti, quando gli chiedo come si sente a guardare oggi alla scena rap italiana, in un momento in cui quest’ultima abbraccia le sonorità dance e house, che i Two Fingerz portavano avanti già un decennio fa. Ennesima riprova dell’umiltà che tiene da sempre ancorato a terra l’artista, all’anagrafe Daniele Lazzarin, ma riprova anche della serenità con cui vive il proprio percorso nel mondo della musica. Quando gli chiedo se il ritrovato successo di questo stile non gli dia un po’ fastidio, la sua risposta è talmente zen che mi sbilancia: “c’è chi ci arriva prima, chi dopo anni, e spesso ha più ragione chi arriva dopo. Gli ultimi saranno i primi”.
Quello di Danti però è un percorso particolarmente ricco e sfaccettato, che non si “limita” alla sua musica. È infatti autore per altri artisti – solo per citarne un paio, Rovazzi e Fedez -, produttore, e da poco discografico. Una dedizione a 360 gradi alla musica, a testimoniare quanto quest’ultima sia il perno attorno il quale ruota la sua vita. Neanche gli ultimi, surreali mesi sono riusciti a scalfire il suo approccio: “io vivo da una vita in quarantena, se non fosse stato per il mondo che cambiava fuori dalla mia finestra, non me ne sarei neanche accorto!”, confessa scherzando, e poi aggiunge che “sono un topo da studio, credimi”.
Confessa che a livello creativo la quarantena non ha avuto “nessun impatto” su di lui, ma semplicemente perché Danti è immerso 365 giorni l’anno nel proprio processo creativo. Finiamo a parlare di cosa significhi scrivere, e in particolare di come sia scrivere musica. “Le canzoni hanno una dialettica a sé, una sintassi a sé, un modo di comunicare che non c’entra né con i libri, né con la carta stampata o i racconti.” Un universo a sé, che però, secondo Danti, non si limita alla struttura: “a tutti gli effetti, è come imparare una nuova lingua”. E come fare per impararla, questa lingua? “Scrivere tanto, finchè non la senti tua, e poi smetti di scrivere e inizia a parlare senza pensare!”.
Un conto è scrivere per sé stessi, però, un conto è lavorare a progetti altrui. Entra in campo un gioco di delicati equilibri tra il mantenere il proprio stile e l’evitare di oscurare l’artista, decisamente più facile a dirsi che a farsi. “Il segreto è tirare fuori l’identità degli altri”, mi dice Danti, “e lasciare la tua nel cassetto. Devi mettere a disposizione solo il tuo talento, per tirar fuori la vera identità dell’artista che canta”. Questa ricerca della “vera identità” è diventata un vero e proprio mantra per lui, fino a spingerlo a dar vita ad un’etichetta discografica, One Fingerz, per lavorare con gli artisti sin dai primi passi del percorso, in modo da aiutarli a esprimere proprio quell’identità di cui abbiamo parlato. “Voglio costruire percorsi e stimolare nuovi artisti a dare il meglio di sé”, spiega, “ho fondato la One Fingerz perché sento mio questo ruolo da molto tempo, ed ero insoddisfatto nel non poterlo mettere in pratica”. Da chi partirà la label? “Palmitessa è la prima artista che stiamo producendo, rispecchia tutto quello che vorrei vedere in un artista”. In studio, dove “c’è sempre una bella energia”, lo affianca Yves the Male, “un produttore, cantante e melodista incredibile, una gran bella persona e un amico”. Non sa ancora quando potremo ascoltare qualcosa, ma “non vedo l’ora di farvi sentire quello a cui stiamo lavorando!”.
Insomma, gli ultimi mesi per Danti sono stati a dir poco intensi. Il lavoro però non sembra pesargli, e mi spiega, in maniera un po’ marzulliana – per sua stessa ammissione, che “se ami il tuo lavoro, lo fai a tutti gli effetti con piacere”. È sempre proiettato nel futuro, ma non ha intenzione di fare spoiler, neanche il più piccolo. “Amo fare – bada bene, non ricevere – sorprese, se voi giù v’immaginate cosa sta per succedere, dove sta il bello?” Aspetteremo curiosi, mentre mi saluta con quello che, più che uno spoiler, sembra una promessa solenne: “arriverà qualcosa che voi umani non potete immaginare”, mi dice sorridendo. E noi ci crediamo.